Future Forum 18/10 – Come fare rete efficacemente in cultura e turismo

di Giada Marangone

Esiste una “ricetta perfetta” per fare rete? Quali accorgimenti bisogna mettere in campo per promuovere una destinazione come quella dei quattro siti Unesco della provincia di Udine in chiave vincente? Idee chiare, flessibilità e capacità di gestire la complessità attraverso pochi decision makers, un occhio attento verso l’innovazione sono i punti chiave sui quali costruire la propria offerta turistica e culturale: questi gli elementi emersi dal confronto fra professionisti.

Si è concluso a Palmanova, patrimonio dell’Umanità Unesco, il ciclo di due doppi appuntamenti (workshop e incontro pubblico) incentrato sull’opportunità e sui vantaggi che derivano nello sviluppo dell’economia e del turismo nella collaborazione e nelle reti. Ad aprire il confronto il sindaco della città stellata Francesco Martines che con il componente della giunta camerale Giuseppe Pavan hanno dato il via ai lavori della giornata. A moderare  l’evento il magnifico Rettore dell’Ateneo friulano Alberto Felice De Toni che insieme al project manager del Future Forum Renato Quaglia e ai relatori si è confrontato su tematiche d’interesse come “fare sistema e rete” gestendo il cambiamento e la complessità nelle “Economie della Bellezza”.

Nell’introduzione Martines ha sottolineato come «le città d’arte hanno una grande necessità oggi, quella di fare sistema. Termine facile “a dirsi” ma difficile da attuarsi ma è certamente una necessità sentita da una pluralità di soggetti. Fare rete – continua il sindaco della città fortezza – significa fare sistema con altre città, con il territorio, con il mondo culturale e con tutte le “sensibilità esistenti”. Se si intende il turismo in termini di crescita economica è necessario mettersi insieme agli altri ed avere una “potenza di fuoco” che permetta di valorizzare le proprie peculiarità e metterle a reddito» ha commentato Martines a conclusione del suo intervento.

Alessandro Garofalo, fondatore e titolare di Garofalo & Idee Associate, società operante dell’area dello sviluppo creativo di nuovi product-concept e nella formazione manageriale innovativa, ha posto l’attenzione su tre concetti: le regole di buon e cattivo funzionamento all’interno di un cluster, la cartografia partecipata (intesa come cartografie digitali) e le caratteristiche delle idee forti. Per Galofalo il funzionamento di «cordate, network, cluster “funziona” se ci sono 2 o 3 persone che “tirano le fila” altrimenti si rischia di perdere tempo e risorse». Per il fisico è fondamentale che i promotori del progetto siano «poche persone, qualificate e trainanti. Nel momento in cui in un progetto entrano troppe persone e troppi stakeholders– ha osservato Garofalo –  vi è il rischio di far perdere qualità al progetto per cercare di accontentare le molte richieste e parti in gioco». Per Garofalo è necessario che «le regole del gioco siano chiare a tutti» e quindi che dietro ad una cordata o rete gli interessi siano chiari a tutti i soggetti che intervengono in un progetto. Devono essere «sistemi che vanno verso qualcosa e non contro qualcuno, evitando le lotte interne e gli opportunismi». L’esperto sottolinea l’arricchimento che il digitale ha portato nella creazione di carte territoriali che devono essere progettate “dal basso” e cioè da persone che vivono esperienze in un territorio. «L’idea/il progetto forte (che piace) porta con sé alcune caratteristiche come la semplicità, intesa come il grado di ridurre il numero di variabili da governare, la possibilità di avere una “demo” (col prodotto è semplice, nel servizio è più complesso) e cioè avere la capacità di rendere tangibile l’intangibile». Deve cioè convincere l’interlocutore, creare un effetto sorpresa, essere capace di «sollecitare la pancia e non la testa». Tutte queste componenti per Garofalo non bastano se non c’è la capacità di raccontare l’idea. Lo storytelling attorno al quale costruire una storia (e la potenza della narrazione) diventa cioè fondamentale per la sua riuscita.

Concorda con la visione di Garofalo, Mauro De Bona, partner di Novalia, docente a contratto presso l’Ateneo degli Studi di Udine. Il professionista di strategie di impresa con il suo intervento “Dagli egosistemi agli ecosistemi: competere e cooperare in mercati complessi” ha affermato che «i nostri clienti sono “aziende insoddisfatte attivamente”, sanno di dover cambiare qualcosa e vogliono cambiare. Noi le assistiamo in percorsi di cambiamento». De Bona ha focalizzato il suo contributo sul come i concetti di “fare rete attraverso l’innovazione” e “fare sinergia” siano termini abusati. «Tutti li amano finché non li coinvolge direttamente. Oggi- secondo De Bona – questi sono concetti “scomodi e faticosi da portare avanti” e chi non è capace di fare rete porta lo “scotto” dell’incapacità di mettere a fattor comune logiche di cooperazione». De Bona ritiene che «cooperare su larga scala in maniera flessibile non sia una questione etica ma opportunistica». La cooperazione, secondo l’esperto, ha ragion d’essere se l’idea alla base è “forte”, la prospettiva è di lungo termine e presuppone una visione, altrimenti De Bona auspica la competizione. Per il consulente «poter innescare meccanismi virtuosi è una scelta dei singoli e avvia un “effetto farfalla” in senso positivo».

Bruno Felicetti, direttore dell’Apt della Val di Fiemme con il suo intervento “Fare sistema in un territorio”, si è definito «un uomo in trincea, che si misura quotidianamente con le problematiche connesse al fare rete». Felicetti ha posto l’evidenza sullacapacità di trasformare e innovare la destinazione e sulla necessità di cogliere le opportunità e sapere “cavalcare” il cambiamento. «Il cambiamento – secondo Felicetti – è l’essenza delle reti. Noi non possiamo pensare di fermarlo. Il territorio e le esigenze mutano di fronte ai cambiamenti; pertanto diviene fondamentale saper cavalcare le opportunità». L’intervento di Felicetti ha poi ruotato attorno all’acronimo IDEA (innovazione, distribuzione, engagement, awareness). Per Felicetti l’innovazione «si fa insieme e sulla base di dati e non sulle sensazioni del singolo. Quando si fanno scelte e investimenti per un sistema bisogna partire dai dati ed è proprio su quest’ultimi che si prendono decisioni. Scaricare le colpe su qualcuno è sintomo di insuccesso delle reti. Quest’ultime – per il destination manager – si costruiscono sulla fiducia». Per Felicetti il ruolo cardine di fare sistema è quello di «distribuire il prodotto attraverso il digitale, portando flussi turistici alla destinazione». «Se un turista si appassiona (si innamora) la destinazione ha fatto “centro”. La vacanza ha valore determinante nella vita delle persone, fa la differenza. Possiamo essere bravi a creare siti web fantastici, eventi meravigliosi, la realtà virtuale ma poi l’esperienza che si vive in una destinazione è fondamentale. Il problema delle destinazioni – secondo il direttore dell’Apt della Val di Fiemme – è lavorare su tutti i “punti di contatto della destinazione”, coinvolgere tutta la comunità (anche chi non vive di turismo)». Per Felicetti è necessario, infine, lavorare sulla notorietà della destinazione. «Acquistare spazi pubblicitari, educational con i giornalisti, eventi e manifestazioni sono tutti fattori importanti che rischiano però di prosciugare il budget delle destinazioni. L’errore di alcune destinazioni è lavorare solo su questo punto mentre la chiave vincente è essere in grado di lavorare in maniera integrata sui quattro punti» ha sintetizzato.

Fare sistema per l’esperto significa lavorare su un’idea condivisa di cosa la destinazione vuole essere, dei bacini da colpire e sulla costruzione della propria identità.

«Il punto g del turismo – ha chiosato l’esperto – è la governance».

Ha parlato di “scuole di connessione” Paolo Zanenga di Connection scholè, esperto di progetti complessi territoriali con il suo intervento “I patrimoni culturali come poli ecosistemici” parlando di creazione di ecosistemi glocal e iperluoghi. Per Zanenga «le scuole di connessione sono ambienti in cui le istituzioni pubbliche e private possono trovare un luogo di rigenerazione (anche della conoscenza). Per fare ciò è necessario però un ribaltamento di paradigma».

Luca Caburlotto, direttore del polo museale del Friuli Venezia Giulia, ha poi posto spostato l’attenzione sull’importanza della cultura per l’economia e su come «la prima attività della cultura debba essere necessariamente la crescita della cittadinanza». Per Caburlotto la «cooperazione conviene se c’è consapevolezza ed è buona cosa, anche nel campo bei beni culturali, valutarne prospettiva e rischio».