di Anna Casasola
Quali strumenti ci sono per far sì che anche l’economia digitale paghi le tasse? Porre delle regole. Interrogato da Stefano Feltri vicedirettore de Il Fatto Quotidiano, l’on. Francesco Boccia, presidente della V commissione (Bilancio, Tesoro, programmazione) ha risposto con molta semplicità a un tema che è il suo cavallo di battaglia. Boccia in fatti dal 2010 si batte affinché anche le multinazionali del web paghino le tasse. «Ci devono essere regole» ha detto Boccia nel primo appuntamento del penultimo giorno di Future Forum, appuntamento aperto dal presidente della Cciaa Giovanni Da Pozzo che ha sottolineato presentando gli ospiti come, «a livello di macroeconomia, ci sia una grande diseguaglianza. Si dovrebbe tendere invece alla possibilità per tutti i cittadini di avere sussistenza e qualità di servizi che siano adeguati alla dignità delle persone. Come si fa a ripartire attraverso la fiscalità? – si è interrogato poi il presidente -. La share economy sta generando delle situazioni molto complesse: ci sono molte aree grigie, c’è una vasta area dell’economia che va regolamentata e dove non si sa il punto centrale della fiscalità».
Per risolvere il problema dell’elusione fiscale- ha sottolineato l’on. Boccia – ci deve essere equità: se tu fai business qui paghi le tasse qui. Almeno le imposte indirette. Oggi solo in Italia su questo fronte c’è una base imponibile totalmente evasa di imposte di 32 miliardi. Il commercio elettronico è nelle mani di Amazon – ha spiegato Boccia -: se un cittadino italiano effettua un acquisto mediante il colosso delle vendite online, la fattura arriva dal Lussemburgo. Questo per me è un reato. Per questo – ha riferito Boccia ricordando il 2010, anno in cui è partita la sua battaglia per tassare le multinazionali del web – quando siamo partiti c’è stato il panico». Adesso, dopo circa 7 anni, qualcosa si sta muovendo: « il ministro Padoan ha ammesso che si tratta di un dibattito che va approfondito. Se stiamo fermi la ricchezza andrà o negli Usa o in Cina. Abbiamo bisogno di una regolazione forte». Evasione fiscale non solo per il mercato virtuale, ma anche per quello tradizionale, nelle cui pieghe si è addentrato Michele Carbone, generale di divisione della Guardia di Finanza. «La grande evasione – ha detto – riveste un’importanza rilevante: in Italia si parla di oltre 120 miliardi di euro evasi, di questi 45 riguardano l’iva. E questo deriva dal fatto che nel nostro Paese ci sono 6 milioni di partite iva, la maggior parte piccole o medie imprese: la somma fa questi importi».