Future Forum /9 Futuro in prospettiva Fvg, tra innovazione e startup

Due sfidanti non si sa ancora per quali ruoli ma avversari alle prossime elezioni regionali, Sergio Bolzonello e Riccardo Riccardi, si sono confrontati oggi sulle nuove agende del futuro per ripartire. Concordi su alcuni temi e distanti anni luce su altri, ma chiamati a chiarire le cause che oggi hanno affossato il nostro Paese. Oggi nel primo appuntamento del pomeriggio, introdotti dal presidente della Cciaa Giovanni Da Pozzo, moderati dal direttore del Messaggero Veneto Omar Monestier, vicepresidente della regione e consigliere regionale si sono addentrati assieme a Sergio Arzeni, presidente dell’Insme (azienda senza scopo di lucro costituita per promuovere l’internazionalizzazione dei sistemi nazionali di innovazione e la diffusione della cultura dell’innovazione a 360° presso le Pmi) e direttore fino a poco fa per le piccole e medie imprese all’Ocse, l’analisi di alcuni temi caldi come la burocrazia, l’immigrazione, la riforma degli enti locali, l’università. Ma come ci vedono da fuori? «Vedono – ha ammesso Arzeni – che l’Italia è un paese dove il debito pubblico continua inesorabilmente ad aumentare indipendentemente dai governi. E l’impressione è che gli italiani non siano in grado di governarsi». Altro tema caldo quello dell’immigrazione definita da Arzeni come «esplosione incontrollata» in Italia e di come altri Paesi come gli Usa o il Canada selezionino, aprendo le porte a imprenditori e studenti. «La disoccupazione giovanile – ha aggiunto poi Arzeni – è la tragedia di un popolo. Qui vanno create le condizioni perché i giovani abbiano piacere a vivere in Italia». Temi sui quali la politica regionale può giocare un ruolo forse marginale. Ma anche la macchina regionale arranca e deve mettere in atto azioni concrete. A Bolzonello, in un’ottica di strumenti per ripartire, prima della fine della legislatura piacerebbe, «riuscire a realizzare il sistema scuola-lavoro, quello dei parchi scientifici e della ricerca con un’università che fa ricerca».

E proprio il mondo dell’Università e della ricerca è stato al centro del secondo incontro del pomeriggio dove hanno preso parte Gianfranco Viesti, professore ordinario di economia applicata, Università di Bari, Emanuele Ferragina, Sciences Po Paris, Alberto De Toni, Rettore Università di Udine, Lorenzo Zamponi, ricercatore Scuola Normale Superiore di Pisa, Enrico Pugliese, Imprenditore, Parigi, Davide Luigi Petraz  GLP – Intellectual Property Office (moderati da Claudia Fusani, giornalista de L’Unità). «L’Università non siede nei grandi tavoli dove si decide lo sviluppo – ha affermato De Toni -. Siamo fuori dalla porta. Le università sono un bene collettivo che servono allo sviluppo». Per il professor Viesti «viviamo in un grande Paese che ha tante possibilità di riprendere il suo cammino solo se farà delle scelte. Adesso sta facendo scelte sbagliate. L’investimento più importante che dobbiamo fare è sui ragazzi: dobbiamo permettere di vivere meglio per contribuire a far crescere il nostro Paese. Le università – ha proseguito – sono uno snodo essenziale per dare opportunità nella vita ai ragazzi». Il problema per il docente sta nel fatto che ai governanti non convengono investimenti a lungo tempo. «Quello che faranno quelli che nel 2060 faranno un tipo di lavoro che noi nemmeno conosciamo – ha detto Viesti – non interessa. L’Italia ha smesso di investire: non c’entra la crisi, i grandi tagli sono precedenti. Un dato su tutti – ha citato Viesti – l’Italia investe 7 miliardi e li ha ridotti del 20%, la Germania ne investe 27 miliardi e li ha aumentati del 20%. Queste scelte non hanno colore politico: prese da un Governo di centro destra e confermate da quelli di centro sinistra. I Paesi che investono in istruzione sono quelli che camminano più velocemente». Come se ne esce? «Cambiando l’ottica – ha affermato Viesti – sforzandosi di pensare a lungo termine. E questo se vogliamo tenere i nostri giovani».