Future Forum/2 – Sviluppo e in-equità: le due facce della globalizzazione

di Francesca Gatti

Sviluppo e in-equità: le due facce della globalizzazione

Pro e contro della globalizzazione. Il fenomeno economico e sociale che ha permeato l’attualità degli ultimi decenni è stata e continua ad essere un Giano bifronte che racchiude da un lato progresso e opportunità di sviluppo e dall’altro grandi criticità.

Sergio Vento, già ambasciatore italiano all’ONU e a Washington, si definisce uno scettico della globalizzazione in quanto, pur nella vastità delle dimensioni del fenomeno, non ha portato frutti reali né dal punto di vista della sicurezza economica e sociale, né culturale. In più, la nuova politica statunitense di Trump sta mettendo in discussione le deformazioni della globalizzazione, gli accordi commerciali e anche le formule d’integrazione regionale, basti pensare al Nafta (Accordo nordamericano per il libero scambio tra Usa, Canada e Messico).

Pejman Abdolmohammadi, ricercatore per The London School of Economics and Political Science, resta propositivo anche se prospetta un periodo storico di 10-15 anni in cui perdurerà la crisi economica. In Europa abbiamo un eccesso di burocratizzazione mentre più a est Cina e Russia si stanno contenendo “i pezzi” del Medio Oriente.

Secondo Niccolò Locatelli, editorialista di Limes, lo scenario attuale può “fare paura”: da un lato la guerra in Iraq, in Siria e lo spauracchio dello stato islamico, dall’altro la presidenza di Trump che critica gli accordi commerciali internazionali e, non da ultimo, il presidente cinese che per la prima volta si spende a favore del libero commercio. Lo scenario geopolitico quindi pone sempre di più l’accento sul delicato equilibrio tra etica, diritti umani e interessi economici nazionali.

Spostandosi in Africa, Giovanni Carbone, professore di scienza politica all’Università degli Studi di Milano, non traccia un bilancio così negativo della globalizzazione per questo continente. Negli anni ‘90 l’Africa sub-sahariana era reduce da 30 anni disastrosi: era più povera e più violenta rispetto agli anni 60, quelli dell’indipendenza degli stati. Dalla seconda metà degli anni ’90, invece, ha cambiato rotta con un deciso progresso su fronti diversi, sia su quello culturale (pensiamo alle aperture democratiche, alla diffusione delle istituzioni) sia sul fronte economico con un 5,5% medio di crescita.

E se parliamo di Italia e di FVG? La sfida è difficile secondo Roberto Cocchi, Presidente Iscos FVG: c’è un problema endemico che richiede lo sviluppo di una rete sistemica di saperi e di processi tecnologici avanzati per affacciarsi in altri mercati. Il Friuli è una piccola regione disomogenea: deve cercare all’esterno delle alleanze inter pares e non subordinate per poter costruire nuovo sviluppo e trasformare globalizzazione in opportunità.