Mosè Ricci è professore ordinario di Progettazione Architettonica e di Progettazione Urbanistica. ÈBenemerito della Cultura e dell’Arte Italiana con medaglia d’argento del Presidente della Repubblica dal 2003. Insegna Architettura del Paesaggio presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica dell’Università di Trento.
Esperto di rigenerazione urbana, la sua ricerca è focalizzata sull’interazione tra qualità architettonica, prestazioni ecologiche degli insediamenti e sostenibilità del cambiamento Fulbright Scholar presso la Graduate School of Design, della Harvard University, Cambridge Mass. USA nel 1996. Ha insegnato come visiting professor presso la West Virginia University (Morgantown, USA, 2015), lo IAAC di Barcellona (2014-15), la Technische Universitat Monaco di Baviera (2008-09), la Universitad Moderna de Lisboa (2006-07). È stato curatore per l’Urbanistica e il Paesaggio della Mostra RECYCLE Strategie per l’architettura, la città e il pianeta MAXXI, Roma e altre sedi 2011-2013.
Ha tenuto lezioni e conferenze in diverse università italiane ed estere. E’ direttore della Collana Internazionale Babel, List editore, Barcellona.
Ha pubblicato diversi libri e il suo lavoro progettuale è stato esposto in numerose mostre in Italia e all’estero e nel 2012 e nel 1996 alla Biennale di Architettura di Venezia.
Il suo progetto per gli uffici Ghella a Roma ha vinto l’European Solar Prize 2015.
Il Futuro è Passato.
Abitare l’Eterno Presente
Mosè Ricci
Quanti mobili, case, o quartieri urbani disegnati e realizzati negli anni ‘80 sono ancora oggi attuali? Quali vestiti o scarpe di quel periodo possono essere indossati senza apparire vecchi o fuori dal tempo? Quasi tutti. In quarant’anni gli spazi abitabili non si sono trasformati più di tanto. Ancora di meno è cambiato il loro disegno, cioè il modo di progettarli. La moda, l’architettura, e la città sono le forme sensibili che meglio rappresentano chi le produce. Esprimono lo stile del vivere insieme, lo status e, in qualche modo le aspirazioni, le attese di futuro di una società. E’ possibile che siano rimaste così indifferenti ai mutamenti degli ultimi quarant’anni?
Poche volte la distanza tra gestalt e zeitgeist è stata così drammatica. E’ saltato Il paradigma che lega l’estetica alla proiezione del tempo. Si vive come in un eterno presente dove le forme sensibili e le loro rappresentazioni nello spazio solido non realizzano più un’idea di futuro e sembrano sempre le stesse. Immutabili e vieppiù svuotate di senso nel turbine della rivoluzione delle tecnologie digitali e per l’informazione condivisa che sta stravolgendo il sistema delle relazioni sociali e il modo in cui stanno insieme le cose e i luoghi. Tutto cambia e in modo molto più veloce di prima, ma l’innovazione si realizza essenzialmente negli spazi immateriali della rete. La rivoluzione digitale trasforma così il rapidamente nostro modo di vivere e di pensare il futuro che le forme dell’architettura, della città, della moda non riescono a cambiare di conseguenza o non possono farlo perché in fondo è meglio così …